I dolci napoletani tradizionali di Natale

Piccola guida alle delizie dolci che si mangiano a Napoli a Natale

A Napoli, i sapori sono il trionfo del Natale. E i dolci sono i veri protagonisti della tavola delle feste. Perché il capoluogo partenopeo, quando si parla di dolci natalizi, ha una sua tradizione, talmente vasta e inimitabile da permeare lo spirito stesso dei napoletani.

Le tradizioni natalizie di Napoli: i dolci

Non si può pensare di vivere Napoli senza aver assaggiato i suoi cibi tipici, soprattutto a Natale. Ogni anno, residenti e vacanzieri non vedono l’ora che arrivino le feste per gustare i dolci della tradizione natalizia napoletana.

 

Divino amore

Si tratta di piccoli dolcetti realizzati con un impasto di uova, zucchero, acqua e mandorle, arricchito con frutta candita, vaniglia e scorza di limone e poi ricoperto di confettura di albicocche e glassa rosa. Il nome è da riferire al Convento del Divino Amore, presso Spaccanapoli. Le sue origini sono antichissime: sembra che sia stato inventato addirittura nel XIII secolo dalle monache del convento, in onore di Beatrice di Provenza, madre del re di Napoli Carlo II d’Angiò. Sebbene il convento oggi non esista più. è rimasta la tradizione, una delle più radicate della città, che si è espansa anche oltre i confini regionali.

Mustacciuoli

I mustacciuoli sono dolci tipici di Natale, in molte regioni italiane del sud. Tuttavia, quelli di Napoli sono diversi dagli altri e hanno un sapore tutto proprio: si preparano con un impasto a base di acqua, bicarbonato di ammonio, cacao amaro, cannella, chiodi di garofano, farina, mandorle, miele, noce moscata, scorza d’arancia grattugiata e zucchero semolato. I dolcetti vengono, poi, ricoperti di cioccolato fondente. La cioccolata della copertura si trova solo a Napoli: nelle altre regioni, infatti, i mustacciuoli vengono presentati senza. I mustacciuoli si chiamano così perché ricordano baffi folti e vistosi, molto di moda nell’Ottocento, il secolo che li ha visti nascere. Questa ricetta è tra le più antiche del capoluogo partenopeo. E pare che da qui si sia diffusa nelle altre regioni del Mezzogiorno italiano. L’abbondante uso di spezie e ingredienti ricchi ne indica l’origine aristocratica e di corte: li cita più volte anche Bartolomeo Scappi nel suo libro Il cuoco segreto di papa Pio V (XVI secolo), distinguendoli dagli omonimi dolci romani e anche dai mostaccioli alla milanese. Le origini, tuttavia, sono controverse: c’è chi sostiene che i mustacciuoli siano nati infatti, per opera di famiglie contadine, che li preparavano con gli ingredienti che avevano a disposizione nelle proprie fattorie.

Pasta Reale

Le paste reali, fatte di marzapane, sono i dolci tipici diffusi a Napoli, come in Sicilia: si preparano  con mandorle, succo di limone, cannella, uova e bicarbonato. La leggenda narra che un giorno Ferdinando IV di Napoli, il Re Lazzarone (che amava mescolarsi alla gente per serate molto poco pie), si recò un giorno al Convento di San Gregorio Armeno. Qui, le suore prepararono per lui un ricco buffet di aragoste arrosto, pesce e pollo. Ma il sovrano, che era una buona forchetta, rifiutò perché aveva già mangiato. A questo punto, le monache insistettero finché il re, dopo aver assaggiato il primo piatto, si accorse che tutta quella bontà in realtà erano solo dolci.

Roccocò

Sono dolcetti a forma di ciambella adatti a chi ha i denti buoni, perché molto croccanti e anche abbastanza duri. Ricordano le ciambelline al vino romane, per la loro consistenza, ma sono preparati con farina, acqua, zucchero, bicarbonato di ammonio, mandorle tostate, uovo e scorza d’arancia. L’impasto è detto pisto ed è un misto di  cannella, noce moscata, chiodi di garofano, coriandolo e anice. La sua origine risale al 1320 e si deve alla creatività delle monache del Convento della Maddalena: il nome deriva dal francese rocaille, elemento decorativo a forma di roccia o di conchiglia da cui, nel XVIII secolo, il termine rococò.

Struffoli

Gli struffoli sono il dolce natalizio napoletano per eccellenza. In altre regioni d’Italia sono identificati con il periodo di carnevale, per via delle codette colorate di cui sono guarniti, ma sono le festività natalizie il loro periodo clou. Famosi come la sfogliatella, la pastiera o il babà, gli struffoli sarebbero stati introdotti dai greci nel Golfo di Napoli durante l’antichità. Il nome struffolo deriva dal greco strongoulos pristòs, che significa pallina tagliata arrotondata. Altre fonti assicurano che il termine si riferisca proprio al gesto compiuto per arrotolare la pasta in un cilindro prima di tagliarla in palline, gli struffoli, appunto.

A Napoli gli struffoli venivano preparati nei conventi dalle suore e regalati a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità. A Napoli, si consumano solo durante le festività natalizie e si preparano secondo una ricetta molto semplice: l’impasto è composto da uova, farina, strutto, liquore all’anice e un po’ di zucchero. Una volta pronti, si preparano delle palline che vengono poi fritte e zuccherate con miele e codette di zucchero colorate o scorza di arance e limoni (ovviamente di Sorrento).